Separazione

Avvocato divorzista

Studio legale a Novara: consulenza per la separazione

La separazione personale dei coniugi è disciplinata dagli artt. 150 e ss. del codice civile, dal codice di procedura civile e da alcune norme speciali.

Con la separazione non si pone fine al matrimonio, né si perdono lo status giuridico di coniuge, né alcuni effetti del matrimonio quali il dovere di contribuire nell’interesse della famiglia, il dovere di mantenere il coniuge più debole, il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli, ma i coniugi vedono venire alcuni diritti e doveri tipici del matrimonio.

Con la separazione, infatti, si scioglie la comunione legale dei beni, cessano gli obblighi di fedeltà e di coabitazione (potendo porre fine alla convivenza sotto lo stesso tetto); non si è più tenuti a collaborare nell’interesse della famiglia e non si ha più l’obbligo a prestare assistenza morale e materiale all’ altro.

La separazione legale produce effetti che incidono sui rapporti personali e patrimoniali dei coniugi, e tra di loro ed i figli ma è bene evidenziare come a seguito di essa i soggetti che hanno contratto matrimonio rimangono comunque coniugi, e dunque non possono risposarsi.

I più rilevanti mutamenti della situazione giuridica dei coniugi separati attengono:

  • le questioni patrimoniali relative alla comunione e ai beni acquistati in comune;
  • i diritti successori;
  • il diritto al mantenimento per l’ex coniuge
  • il diritto agli alimenti per l’ex coniuge
  • l’assegnazione della casa familiare
  • l’affidamento dei figli ed il loro mantenimento.

 

La separazione ha carattere transitorio quindi è possibile per i coniugi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 154 c.c., riconciliarsi facendo risorgere qui diritti e qui doveri cessati con la stessa

La formalizzazione della riconciliazione è possibile per i coniugi, però, solo recandosi in Comune per rilasciare un’apposita dichiarazione o richiedendone l’accertamento giudiziario.

Separazione di fatto

La separazione di fatto si ha quando i coniugi senza fare ricorso ad un avvocato divorzista e successivamente ad al giudice, decidono di comune accordo di porre termine alla loro vita insieme, ponendo in essere la c.d. separazione di fatto.

La separazione di fatto non produce alcun effetto sul piano giuridico e non permette di poter richiedere il divorzio.

La separazione di fatto non è in alcun modo regolata e/o sanzionata dal nostro ordinamento ma percorrere questa strada può essere rischioso. Spesso accade, infatti, che dopo un iniziale accordo tra i coniugi sulla separazione, accada qualcosa che muti i rapporti in assenza di regole stabilite. Ecco che allora l’allontanamento di uno dei due coniugi dall’abitazione familiare o l’instaurazione di relazioni nuova relazione o la mancata corresponsione di somme per il mantenimento del coniuge più debole (o per i figli), possano in un momento successivo essere utilizzati dall’altro coniuge quale motivo di addebito della separazione.

La separazione consensuale

Nella separazione consensuale i coniugi esprimono il proprio reciproco consenso alla separazione e formano un accordo sulle condizioni che attengono la stessa.

L’accordo avrà ad oggetto i diritti relativi al patrimonio (beni mobili, immobili acquistati durante il matrimonio, somme di denaro, investimenti assicurazioni ecc…), la quantificazione dell’eventuale assegno di mantenimento per il coniuge più debole, l’affidamento dei figli, il collocamento degli stessi ed il loro mantenimento.

Il contenuto di tale accordo viene proposto al giudice a mezzo di ricorso congiunto che acquisisce efficacia tra le parti solo a seguito di decreto di omologa da parte del Tribunale.

L’accordo raggiunto dai coniugi, infatti, sprovvisto di omologa, non produce la modifica dello status personale da coniugato a separato.

La separazione consensuale è sicuramente la strada da previlegiare e certamente preferibile rispetto a quella giudiziale non solo per l’immaginabile minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra le parti, ma anche perché si presenta in termini di procedura come il precorso più snello e rapido da affrontare per i coniugi.

I coniugi che abbiano concordato la decisione di porre fine al matrimonio potranno rivolgersi ad un unico avvocato potendo così ridurre i tempi e i costi della separazione.

L’avvocato che diviene consulente di entrambi dovrà analizzare il caso concreto indicando ai coniugi le questioni che dovranno essere affrontate e le possibili soluzioni che potranno essere assunte nell’interesse di entrambi e degli eventuali figli, portando entrambi ad essere consapevoli del senso dell’accordo che si andrà a sottoscrivere.

Il buon esito del raggiungimento dell’accordo di separazione, quindi, sarà determinato dalla capacità dell’avvocato di accompagnare i coniugi al raggiungimento di un accordo rispettoso dei principi di legge facendo comprendere ai coniugi i confini dei propri diritti e obblighi e dando loro la possibilità di risolvere i propri contrasti al di fuori di un’aula di tribunale, così da evitare i tempi, i costi nonché l’alea del procedimento giudiziario e ridurre al minimo possibili futuri conflitti ed incomprensioni.

Separazione giudiziale

Quando i coniugi non riescano a raggiungere un accordo nell’ambito di una separazione consensuale o quando solo uno dei coniugi vogli porre fine al matrimonio, l’unica strada percorribile è quella della separazione giudiziale ovvero quella di instaurare una vera e propria causa avanti il Tribunale.

Si tratta di un procedimento contenzioso la cui durata può essere quantificata in anni, che vede contrapposti i coniugi assistiti ognuno dal un proprio avvocato, comporta costi maggiori e spesso vede inasprirsi i rapporti tra i coniugi e rendere più difficoltosi i rapporti con i figli.

Si avrà separazione giudiziale con addebito quando sia provato in giudizio che la rottura del rapporto di coniugio sia stata determinata dal comportamento volontario di uno dei due coniugi che si sia reso inadempienti verso i doveri nascenti dal matrimonio di cui all’art.143 c.c. e che, pertanto, abbia determinato la crisi coniugale che abbia reso intollerabile la convivenza tra i coniugi e che quindi sia stata la causa della crisi coniugale e non già l’effetto.

Tipiche cause di addebito sono:

  1. L’infedeltà coniugale che secondo l’ormai costante giurisprudenza è rilevate solo quando sia causa della crisi matrimoniale e non invece quando sia conseguenza di quella stessa crisi;
  2. La violazione dell’obbligo di coabitazione, il c.d. abbandono del “tetto coniugale”, avendo rilevanza ai fini dell’addebito solo nel caso in cui però, l’allontanamento sia avvenuto per sottrarsi all’ intollerabilità della convivenza.
  3. La violazione del dovere di assistenza morale e materiale che si verifica quando ad esempio quando uno dei due coniugi non provveda a contribuire al mantenimento dell’altro e/o dei figli (oltre che rischiare di essere perseguito penalmente per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare) e/o nei casi di maltrattamento morale e/o fisico, tanto nei confronti del coniuge quanto dei figli (oltre alle invitabili ripercussioni penali).

 

Nel caso in cui l’addebito sia provato e posto a carico di uno dei coniugi, quest’ultimo perde il diritto ad ottenere l’assegno di mantenimento e parte dei diritti successori che permango successivamente alla separazione.

La separazione giudiziale, poi, può essere dichiarata per cause oggettive, cioè indipendentemente dalla colpa di uno dei due coniugi, legate a circostanze non previste, né prevedibili, al momento del matrimonio e che oggi vengono per lo più identificate con l’esistenza di un’incompatibilità caratteriale insuperabile o più in generale, come anche definito dal legislatore, con la presenza di fatti che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o rechino grave pregiudizio all’educazione dei figli (art. 151, 1°co. c.c.).

Nel caso in cui si inizi una separazione giudiziale questa, anche in corso di causa, può essere trasformata in separazione consensuale, mentre non può avvenire il contrario.

Le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale sono sempre modificabili e/o revocabili nel caso in cui si verifichino fatti nuovi che mutino le condizioni di vita e/o lavorative di uno dei coniugi o le condizioni di mantenimento, collocamento o nel rapporto con i figli.

Scioglimento anticipato della comunione tra coniugi

Lo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi, nella previgente normativa prevedeva obbligatoriamente il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, mentre oggi ai sensi dell’art. 2 della l. n. 55/2015 che ha modificato l’art. 191 c.c. è possibile anticipare il momento dello scioglimento della comunione tra i coniugi.

In particolare il Giudice, già potrà già all’udienza di comparizione in caso di separazioni giudiziali, ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di omologato in caso di separazione consensuale, potrà autorizzare i coniugi a vivere separatamente.

L’ordinanza con la quale i coniugi vengono autorizzati a vivere separati deve essere inviata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione dei beni sull’atto di matrimonio.

L’assegno di mantenimento in caso di separazione

L’obbligo di assistenza materiale nascente dal matrimonio non cessa con la separazione e non si sospende neppure in corso di causa di separazione, ma si manifesta con il pagamento dell’assegno di mantenimento.

Nel caso in cui uno dei coniugi non abbia redditi propri adeguati a consentirgli di conservare il precedente tenore di vita il giudice può imporre all’altro l’obbligo di versare un assegno periodico, la cui entità deve essere determinata tenendo conto dei redditi del coniuge obbligato e dei bisogni dell’altro.

Non si tratta di un diritto che si acquisisce automaticamente per effetto della separazione, ma si può ottenere quando sussistono alcune condizioni:

  • ne venga fatta esplicita richiesta da uno dei due coniugi;
  • il coniuge richiedente non abbia “adeguati redditi propri”;
  • il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno abbia mezzi economici sufficienti ed adeguati;
  • al coniuge che ne faccia richiesta non sia stata addebitata la separazione;

 

In quest’ultimo caso si deve ricordare, però, come se sussistono gli altri presupposto, il Giudice possa riconoscere, al coniuge a cui è addebitata la separazione, il diritto agli alimenti, cioè a ricevere periodicamente una somma di denaro nei limiti di quanto necessario al suo sostentamento.

Spesso l’assegno di mantenimento è riconosciuto alla moglie soprattutto quando abbia rinunciato, a beneficio della famiglia, a coltivare le proprie aspirazioni professionali e la propria carriera.

L’assegno da corrispondere è periodico e di norma a scadenza mensile e può consistere in una somma di denaro unica o può andare a coprire esplicite voci di spesa quali ad esempio il canone di affitto o le spese condominiali.

I figli nella separazione

In caso di separazione personale dei coniugi sia essa consensuale o giudiziale, in presenza di figli minori, il legislatore ha previsto il diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, e di conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Di norma in sede di separazione il minore è affidato ad entrambi i genitori (affidamento condiviso), ma in caso in cui non vi sia accordo tra di essi, spetterà al giudice valutare se i figli minori debbano restare affidati ad entrambi i genitori, o se debbano essere affidati ad uno soltanto di loro (affidamento esclusivo).

L’affidamento esclusivo è una scelta che viene operata solo non caso in cui l’affidamento congiunto sia contrario agli interessi del minore.

Si deve precisare come la mera litigiosità tra genitori, non costituisca elemento per far propendere il Giudice per la scelta del regime dell’affidamento esclusivo, tranne nei casi in cui si traduca in una conflittualità che non permetta ai genitori di trovare un accordo su alcuna questione che attenga i figli.

In caso di affidamento condiviso i genitori dovranno effettuare congiuntamente le scelte più importanti per la crescita, educazione e istruzione dei figli mentre per quanto attiene l’ordinaria amministrazione il genitore convivente potrà prendere decisioni in autonomia.

Anche in cosa di affidamento condiviso, però, si decisioni ricordare come sia possibile che sopraggiungano conflittualità su questioni che attengano l’interesse del figlio minore (es: la scelta della scuola; la scelta se effettuare un intervento medico, estetico ecc…), sarà sempre possibile chiedere l’intervento del Giudice per poter risolvere il contrasto.

In caso di affidamento esclusivo il genitore affidatario assume in via esclusiva la potestà sui figli, avrà l’amministrazione e l’usufrutto legale dei loro beni, mentre graverà sul genitore non affidatario l’obbligo (e il diritto) di mantenere, istruire ed educare i figli.

In sede di separazione consensuale con affidamento condiviso di norma sono i genitori a concordare e presentare al Giudice i tempi e le modalità della collocazione e di visita dei figli presso ciascuno dei genitori, stabilendo la misura e il modo con cui ciascuno di essi dovrà contribuire al mantenimento, alle spesse straordinarie, alla cura, all’istruzione e all’educazione della prole.

Anche in questo caso se non vi è accordo tra i genitori o se questo lede i diritti dei minori, sarà il giudice a stabilirne le condizioni.

Il diritto di abitazione nella casa familiare, se non concordato tra i genitori, viene assegnato dal giudice alla luce dell’interesse dei figli di continuare a godere della casa dove sono cresciuti sino a che non abiteranno in una casa propria, al genitore presso il quale i figli siano stabilmente collocati e che si occupi principalmente della loro cura.

Con l’assegnazione della casa il genitore affidatario si assume anche l’obbligo di pagare le utenze e le spese condominiali, mentre nel caso in cui vi sia un mutuo questo resta a carico del genitore proprietario dell’immobile che ritornerà nel suo possesso quando cesserà il diritto di abitazione.

Ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, considerando le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la rilevanza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

In ragione di tali presupposti, ove sussistano, il genitore non affidatario, o presso il quale i figli non siano stati prevalentemente collocati, è tenuto a versare mensilmente un assegno di mantenimento per i figli.

La somma dell’assegno di mantenimento va a coprire quelle che sono le spese per il mantenimento ordinario dei figli, mentre dovranno essere versata mensilmente anche una somma che attiene alle spese straordinarie (ad es. quelle scolastiche, ricreative, mediche o sportive), che di norma devono essere concordate tra i genitori.

Nel caso in cui vi sia una rilevante sproporzione tra i redditi dei genitori, anche nel caso in cui si sia in presenza di affidamento condiviso e con uguali tempi di permanenza, potrà essere disposto dal giudice un contributo perequativo per uniformare la capacità di mantenimento tra i genitori.

L’assegno di mantenimento per i figli non va confuso con l’assegno di mantenimento per l’ex coniuge.

L’obbligo di contributo al mantenimento dei figli cessa solo quando abbiano raggiunto una propria autonomia e indipendenza economica, lo stesso può quindi pemane anche quando i figli diventino maggiorenni.

Il giudice, pertanto, in sede di separazione potrà stabilire un assegno a favore dei figli maggiorenni da versare o a loro direttamente o al genitore collocatario, quando questi non abbiano adeguati redditi propri (es: figlio maggiorenne studente universitario).

Il dovere di versare l’assegno di mantenimento può essere modificato o estinto mediante apposito ricorso per la modifica delle condizioni di separazione avanti il giudice competente quando:

  1. vi sia stato un notevole incremento dei redditi di uno dei coniugi (ad es.: perché è erede di un ingente patrimonio);
  2. vi sia stato un deterioramento della situazione economica di uno dei coniugi (ad es.: fallimento della società, perdita del lavoro, etc…).

Il calcolo dell’assegno di mantenimento dei figli è un aspetto diverso e molto delicato.

Quantificare il tenore di vita dei figli goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascuno dei genitore; la valutazione delle risorse economiche di entrambi i genitori; la rilevanza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore e le esigenze legate all’ordinaria amministrazione del figlio che mutano con grande rapidità, rendono spesso assai problematico e non privo di tensioni il raggiungimento dell’accordo in merito al calcolo dell’assegno familiare.

Anche in questo caso sarà determinante la capacità dell’avvocato di accompagnare i coniugi al raggiungimento di un accordo rispettoso dei propri diritti e obblighi , dando loro la possibilità di ridurre al minimo attuali e possibili futuri conflitti ed incomprensioni, perchè a volte sacrificare pochi euro può cambia la qualità della vita di un’intera famiglia evitando alla stessa di passare anni coinvolto in una animato scontro caratterizzato da momenti di grande sofferenza che ci si troverebbe a scontare indipendentemente dall’esito del giudizio.